mercoledì 14 gennaio 2015

La strana storia della bile di coccodrillo e della birra killer in Mozambico

Pochi giorni fa è stata diffusa dalla Associated Press una strana storia proveniente dal Mozambico: diverse decine di persone sono morte dopo avere bevuto una birra tradizionale che si dice contenesse “bile di coccodrillo”.

Radio Monzambico ha aggiornato la notizia lunedì mattina, confermando che 69 persone sono morte e 196 sono ricoverate in ospedale, dopo avere partecipato a un rito funebre venerdì nel villaggio di Chitima, nella parte occidentale del Paese.
Le persone si erano riunite nel corso della giornata a bere "pombe", una bevanda fermentata a base di sorgo, crusca, mais e zucchero. (Nota a margine: il nome latino di un lievito in genere non usato per la produzione della birra è Schizosaccharomyces pombe).

- Aggiornamento al 14 gennaio: Radio Mozambico riferisce che 73 persone sono morte. Le autorità non hanno ancora determinato quale sia la sostanza velenosa nella bevanda tradizionale. -

Il coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus)
nel Lago Chamo, Etiopia.
Credit: Bernard Gagnon, C BY-SA 3.0 license

Il proprietario dello stand della bevanda, sua figlia, una nipote e quattro membri delle famiglie vicine sono stati tra i primi sette morti portati all'obitorio dell'ospedale locale nella mattinata di sabato.

Paula Bernardo - direttrice distrettuale per la salute, le politiche sociali e femminili a Cahora Bassa - ha dichiarato a Radio Mozambico che le autorità hanno cercato di determinare la causa di queste morti, gli ospedali locali sono stati sommersi di persone che soffrono di diarrea e dolori muscolari. I pazienti provenivano sia da Chitima sia dal vicino villaggio di Songo.

Il direttore sanitario della provincia di Tete, Carla Mosse Lazarus, ha affermato che i campioni sono già stati inviati a un laboratorio di analisi nazionale, per determinare quale veleno o veleni abbiano contaminato il recipiente contenente 210 litri della bevanda fermentata.

A differenza delle notizie riportate dai media, ad oggi non si trova in alcun resoconto dal Mozambico un qualche riferimento o speculazione sul fatto che la sostanza tossica possa essere stata "bile di coccodrillo", o qualunque altro nome locale dato ad essa (come per esempio “ndura”). Il brevissimo trafiletto della Associated Press apparso sul New York Times cita un altro funzionario, Alex Albertini, come la fonte di questa ipotesi.


Se il veleno è "bile di coccodrillo," che cos'è esattamente?

“Bile di coccodrillo” letteralmente è il succo digestivo dalla cistifellea del coccodrillo del Nilo, Crocodylus niloticus. 
L'uso del termine risale al 1899 a proposito di certe accuse di stregoneria, secondo il professor N.Z. Nyazema del Dipartimento di Farmacologia Clinica presso l'Università dello Zimbabwe, che ne ha scritto sul Central African Journal of Medicine nel 1984 e 1985. L'università, ad Harare, è a circa 480 km a sud-ovest attraverso il confine con il Mozambico, da dove proviene la storia dell’avvelenamento.

La bile contiene molecole chiamate sali biliari o acidi biliari, che gli animali usano per sciogliere o emulsionare i grassi. Queste molecole si legano anche ai recettori ormonali che regolano la loro stessa produzione. Gli acidi biliari potrebbero essere molto tossici a concentrazioni molto elevate, come potrebbe essere qualsiasi forte detergente, tuttavia questo non è coerente con le concentrazioni che sarebbero state usate nei casi di avvelenamento tradizionali.

Il professor Nyazema scrive:
“E’ opinione diffusa che la bile di coccodrillo sia molto velenosa. Lo “nduru” viene usato come veleno, che viene aggiunto alla birra o al porridge “sadza” di una ignara vittima. Non è facile acquistare questo veleno e non è facile nemmeno uccidere un coccodrillo unicamente allo scopo di ottenerne la bile. Ma pagando una buona somma si può ottenere del veleno da un n'anga [un guaritore tradizionale della tribù Shona dello Zimbabwe]. I n'anga possono avvelenare la vittima aggiungendo qualcosa di misterioso agli ingredienti del veleno. È stato riferito che l'avvelenamento avviene in occasioni speciali come quello di bere birra insieme: si dice che lo “nduru” venga introdotto nella birra immergendo il dito o un chiodo su cui è posta una piccola quantità di veleno. Questo sarebbe sufficiente allo scopo. La sfortunata vittima dovrebbe morire entro 24 ore. Il veleno dovrebbe manifestarsi quando il paziente inizia a sentire dolori all'addome.

Il professor Nyazema apprese queste storie dagli scritti del professor Michael Gelfand, un medico sudafricano che ha guidato il reparto a metà del XX secolo e ha scritto ampiamente sulla medicina coloniale nell’Africa sud-orientale.

Ciò ha portato Nyazema a mettere in discussione la veridicità di queste storie tradizionali; egli ha indagato sulla tossicità acuta di una grande quantità di bile di coccodrillo in venti topi di entrambi i sessi utilizzando sia estratti in acqua e alcool della bile (con la collaborazione del Kariba Crocodile Farm per la fornitura di dieci cistifellee per la sua ricerca). Ai topi sono state fatte bere due diverse concentrazioni di ciascun tipo di soluzione di bile per 7 giorni. Il medico ha anche usato un babbuino come ulteriore cavia.

Nessuno degli animali morì o sembrò avvertire segni di tossicità. La ricerca difetta di misurazioni patologiche o parametri ematochimici, ma il rapporto sembra sufficiente per concludere che la bile di coccodrillo non è il costituente mortale del cosiddetto “nduru”.

Nella tragedia in corso in Mozambico, non si riesce proprio ad immaginare quanta bile avrebbe mai dovuto essere aggiunta a 210 litri di birra per poter causare così tante morti.

Strophanthus petersianus, una pianta sudafricana
contenente glicosidi cardioattivi simili alla digitalina

Da innocui coccodrilli a mortali vegetali

Gli scritti di 30 anni fa del professor Nyazema possono fornire una risposta. Egli ha ipotizzato che le descrizioni tradizionali di questo veleno potrebbero essere coerenti con una pianta tossica, il cui estratto potrebbe venire aggiunto alla birra durante pratiche magiche.
Nyazema ha osservato che la struttura chimica degli acidi biliari non è così lontana da quella dei glicosidi cardiaci di origine vegetale, sostanze che vengono utilizzate oggi nei farmaci per pazienti con insufficienza cardiaca o alcuni tipi di disturbi del ritmo cardiaco.

I glicosidi cardiaci, tra cui la digitalina, hanno un basso indice terapeutico, cioè esiste un ristretto margine tra la dose terapeutica benefica e la dose tossica. Piante come la digitale (Digitalis purpurea) si trovano comunemente in Africa sudorientale come esemplari “sfuggiti” alle coltivazione dei coloni europei, ma Nyazema elenca anche 11 specie di piante africane che contengono glucosidi cardiaci simili.

Mentre alte dosi di glicosidi cardiaci portano ovviamente il battito cardiaco a zero, sintomi come nausea, vomito, dolori addominali e diarrea possono indicare un avvelenamento da glicosidi cardiaci. Questi sintomi sono coerenti con le descrizioni fornite dalle autorità sanitarie del Mozambico.

I tentativi di contattare il professor Nyazema non hanno avuto successo, ma egli era ancora attivo come autore di pubblicazioni almeno fino al 2013. I test analitici di questo drammatico evento potranno dirci se il professore aveva effettivamente ragione riguardo la reale fonte del veleno tradizionale chiamato “nduru”. 
Ma un mistero rimarrebbe ancora: chi avrebbe fatto una cosa del genere, e perché?


Articolo originale di David Kroll - “Did Crocodile Bile Really Kill 73 People In Mozambique?” - 12 gennaio 2015
http://www.forbes.com/sites/davidkroll/2015/01/12/what-is-crocodile-bile-and-is-it-really-poisonous/
Traduzione e adattamento a cura del Crocoblog - 14 gennaio 2015
http://crocomania.blogspot.it/2015/01/bile-di-coccodrillo-Mozambico.html



Nessun commento: